PACE – Thich Nhat Hanh

                                                           

Pensieri e parole

 

 Pace

 Mi hanno svegliato questa mattina

per dirmi che mio fratello e’ stato ucciso in battaglia.

Eppure in giardino 

una rosa novella dai teneri petali

sboccia sulla siepe.

Io sono vivo,

respiro ancora la fragranza delle rose e del letame

mangio, prego, dormo.

Quando potrò rompere questo lungo silenzio?

Quando potrò pronunciare le parole non dette 

che mi soffocano?

 

Questi versi di pace furono scritti in Vietnam nel 1964, dal maestro buddhista zen vietnamita Thich Nhat Hanh

 

L’originale in inglese:

Peace

They woke me this morning

to tell me my brother had been killed in battle.

Yet in the garden

a new rose, with moist petals uncurling,

blooms on the bush.

And I am alive,

still breathing the fragrance of roses and dung,

eating, praying,and sleeping.

When can I break my long silence?

When can I speak the unuttered words that are

choking me?

 

 

CHIAMAMI CON I MIEI VERI NOMI – Thich Nhat Hanh

Pensieri e parole


Chiamami con i miei veri nomi

 

Non dire che domani scomparirò, perché io arrivo sempre.
Guarda in profondità: io arrivo ogni secondo, per esser un germoglio sul ramo a primavera;
per essere un minuscolo uccellino con le ali ancora fragili che impara a cantare nel suo nido;
per essere un bruco nel cuore di un fiore; per essere un gioiello che si nasconde in una pietra.
Io arrivo sempre, per ridere e per piangere, per temere e per sperare.
Il ritmo del mio cuore è la nascita e la morte di tutto ciò che è vivo.
Io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume.
E io sono l’uccello che, a primavera, arriva a mangiare l’insetto.
Io sono una rana che nuota felice nell’acqua chiara di uno stagno.
E io sono il serpente che, avvicinandosi in silenzio, divora la rana.
Sono un bambino in Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù,
e io sono il mercante che vende armi mortali all’Uganda.
Io sono la bambina dodicenne profuga su una barca,
che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata.
E io sono il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare.
Io sono un membro del Politburo, con tanto potere a disposizione.
E io sono l’uomo che deve pagare il “debito di sangue” alla mia gente,
morendo lentamente in un campo di lavori forzati.
La mia gioia è come la primavera, così splendente che fa sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita.
Il mio dolore è come un fiume in lacrime, così gonfio che riempie tutti i quattro oceani.
Per favore chiamatemi con i miei veri nomi, cosicché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme,
cosicché io possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola.
Per favore, chiamatemi con i miei veri nomi, cosicché io mi possa svegliare
E cosicché la porta del mio cuore sia lasciata aperta, la porta della compassione.

 Thich Nhat Hanh

(tratto dal libro “Essere pace”, Ubaldini ed.,  pag. 86)