KINTSUGI, RIPARARE CON L’ORO. RICONOSCERE IL VALORE UNICO DELLA NOSTRA ESISTENZA – Lucia Bassignana

Pensieri e parole

 

Uno dei momenti di maggiore intensità di un recente ritiro di meditazione di tradizione cristiana a cui ho partecipato, a guida del monaco camaldolese padre Alessandro Barban, è stato quello in cui si è fatto richiamo al senso profondo del pregare come “Memoria Dei”. Ricordarsi di Dio implica la necessità di crescere umanamente, imparando a pregare non più secondo formule pagane ed egoistiche, per ottenere il soddisfacimento di necessità o desideri materiali o emotivi, ma per dar voce e forma al nostro Salmo personale. Questo sarà tanto più unico quanto più sarà scaturito dalla nostra interiorità profonda, dallo slancio autentico del cuore, colorato d’inquietudine o di pace che esso sia. Ricordarsi di Dio è divenire consapevoli e certi che saremo ascoltati proprio se ci porremo di fronte a Lui con le nostre crepe esistenziali, lasciando anzi sgorgare da esse, senza alcuna vergogna, dolore, senso di inadeguatezza e paure.

Quest’immagine me ne ha subito richiamato alla mente un’altra che negli ultimi tempi mi è capitato di vedere in più occasioni rimbalzare sul web: quella di una ciotola di ceramica andata rotta e riparata con l’oro, secondo l’antica pratica artigianale giapponese del “kintsugi”. Oro, argento liquido oppure lacca mista a polvere d’oro vengono impiegati per saldare insieme i frammenti di vasellame, ottenendo in tal modo pezzi unici nel decoro e molto più preziosi di quanto fossero da integri.

L’idea sottesa è che proprio dall’imperfezione e – in senso traslato – da una ferita risanata, possa nascere una forma superiore di bellezza. Non è un concetto pacifico per la nostra mentalità occidentale, in cui le cose che si rompono tendenzialmente vengono gettate via e dove, anche nell’eventualità di una riparazione, è bene che essa risulti il meno visibile e distinguibile che si può. Ci è sempre un po’ imbarazzante esibire oggetti passati attraverso accadimenti travagliati o cicatrici esistenziali.

La cultura orientale offre invece un’efficace lettura alternativa: quella di rotture e ferite come potenziale origine di trasformazione a vita e armonia nuove: qualcosa per cui sentire tenerezza e orgoglio a un tempo. Tenerezza e accettazione verso l’inevitabile fragilità delle cose materiali e per la nostra vulnerabilità di esseri umani da un lato, e orgoglio e fiducia per essere stati capaci di rialzarci e proseguire il nostro cammino dall’altro.